MARCELLO TONOLO
Skrjabin In Jazz (Caligola Records) 2017

1. The Blue Silver Side (from Prelude op. 16 n. 4)
2. Languid Violet (from Dance Languid)
3. Klein (from Prelude op. 31 n. 4)
4. Golden Steps (from Studio op. 7 n. 8)
5. Scarlet Dream (from Reverie)
6. Sonata in Blue (Sonata n. 4)
7. Rufus (from Caresse dansée)
8. Danzamarina (from Mazurca op. 25 n. 2)
9. Pervinca (from Prelude op. 17 n. 4)
10. Indigo (from Prelude op. 11 n. 15)

 

SKRJABIN IN JAZZ on bandcamp

Marcello Tonolo (piano)
Domenico Santaniello (double bass)
Mauro Beggio (drums)
Added on tracks n. 1/3/5/7/9:
David Boato (trumpet, flugelhorn)
Federico Pierantoni (trombone)
Michele Polga (tenor sax)

REVIEWS

Ci aveva già provato con Rossini e ora replica con Skrjabin. Così descrive Marcello Tonolo questa su nuovo rendez-vous con l’universo classico: “Nel 2015, per il centenario della morte di Alexander Skrjabin, mi è stato chiesto di reinterpretarne qualche brano in chiave jazzistica. Dopo una ponderata riflessione sul senso e sui rischi che l’operazione comportava, mi sono messo al lavoro. Ho preso in esame alcuni preludi, studi e sonate scritte per pianoforte dal grande compositore a cavallo fra ‘800 e ‘900. Doveva essere un progetto limitato ad un paio di pezzi; in realtà la musica di Skrjabin, che non conoscevo in tutte le sue sfaccettature, si è rivelata estremamente stimolante e così, brano dopo brano, sono arrivato a costruire un repertorio sufficientemente ampio da farne un CD.”

Questa la storia. E la musica, il risultato finale? Come già nel caso del compositore pesarese, anche qui prevale un tono che più schiettamente jazzistico di così non si potrebbe, portandoci ancora una volta a pensare—capita spesso, in effetti—che alla fin fine Skrjabin non sia che un pretesto, un profumo che aleggia nell’aria, perché è più che probabile che nessuno, ignorandolo a priori, si accorgerebbe del “prestito,” della rielaborazione, o anche del semplice omaggio (individuandone il destinatario, intendiamo).

Metà dei brani sono in trio, e sono i più nel solco (per quanto sempre formalmente ineccepibili, per carità), mentre un po’ meglio viaggiano le cose quando è all’opera il sestetto, con una scrittura e arrangiamenti che riecheggiano gloriosi precedenti, dal Birth of the Cool (anni di grazie 1948/50…) in poi. Non manca una certa eleganza e una sicura perizia nell’organizzare la musica, ma latita ogni traccia di originalità, il che, aggiunto alla sostanziale indefinitezza del tributo (in quanto ad aderenza, come sottolineavamo), ci fa cogliere più ombre che luci in quest’ultima fatica del pianista veneziano.

A tre anni da «Crazeology» Marcello Tonolo torna a far parlare di sé con un nuovo interessante lavoro basato su una rilettura in chiave jazzistica di dieci opere pianistiche del compositore russo Alexander Skrjabin. Aveva già fatto qualcosa di analogo con l’album «Puccini in Jazz» nel 2013. In quell’occasione il pianista veneto guidava un quartetto con Michele Polga al sax tenore, qui invece metà dei brani sono eseguiti dal solo trio, l’altra metà da un sestetto completato ancora da Polga, da David Boato alla tromba e Federico Pierantoni al trombone.
Spiega nelle note di copertina Tonolo: “Nel 2015, per il centenario della morte di Alexander Skrjabin, mi è stato chiesto di reinterpretarne qualche brano in chiave jazzistica. Dopo una ponderata riflessione sul senso e sui rischi che l’operazione comportava … mi sono messo al lavoro. Ho preso in esame alcuni preludi, studi e sonate scritte per pianoforte dal grande compositore a cavallo fra l’800 ed il ‘900. Doveva essere un progetto limitato ad un paio di pezzi; in realtà la musica di Skrjabin, che non conoscevo in tutte le sue sfaccettature, si è rivelata estremamente stimolante e così, brano dopo brano, sono arrivato a costruire un repertorio sufficientemente ampio da farne un Cd.”. Si passa così dalle inattese coloriture monkiane di Languid Violet e dal lirismo dolcemente nostalgico di Indigo, entrambi eseguiti in trio, ai raffinati arrangiamenti per sestetto di Scarlet dream o Pervinca, contrassegnati dall’inconfondibile tratto stilistico della scrittura orchestrale di Tonolo. I dieci brani si lasciano ascoltare tutti d’un fiato, dall’inizio alla fine, come parti complementari di un’unica suite.
E’ ancora il pianista a precisare: “ Il risultato è così lontano dall’originale da convincermi a firmare a mio nome tutti i brani rielaborati, intitolandoli secondo una mia personale tavolozza dei colori, simile a quella che Skrjabin ideò per il suo noto poema «Prometeo», dove ad ogni colore corrispondeva una tonalità.”